All’interno di un padiglione abbandonato del vecchio manicomio di Cogoleto (Genova) si snoda un lungo e tortuoso budello ai cui lati si presentano in successione siparietti raffiguranti i momenti centrali della vita di quella istituzione. È il presepe di Cogoleto, grande 400 metri quadrati, che ricostruisce impietosamente ma anche con qualche venatura nostalgica la storia del manicomio, l’abbandono e la segregazione degli ospiti, il reparto dei bambini, i luoghi della violenza pseudoterapeutica, la colonia agricola e i vari tipi di lavoro spacciati come ergoterapia, per giungere infine alla città, contenitore di tutte le speranze di emancipazione e socializzazione, una città dove diventi possibile la convivenza con gli altri uomini senza inumane separazioni.
Il primo volume che, dopo anni di silenzio ripropone in termini assolutamente originali il tema del superamento degli ospedali psichiatrici, mettendo in guardia dal rischio che i germi della manicomializzazione possano riprodursi anche in strutture ed esperienze inizialmente pensate come antitetiche al manicomio.
Dalla prefazione di Fausto Petrella, professore emerito di Psichiatria alla facoltà di Medicina dell’Università di Pavia, Membro didatta della Società Psicoanalitica Italiana, di cui è stato Presidente:
Dal manicomio alla città. “L’altro presepe” di Cogoleto di Cosimo Schinaia è un’opera singolare, che finisce per costituire un genere letterario esso stesso un po’ altro e anomalo come il presepe che l’ha ispirato. Il libro va considerato come uno scritto, per così dire, sui generis, nel quale confluiscono una quantità di componenti eterogenee. Questa anomalia va considerata uno dei pregi dell’opera, cò che ne determina la sua viva originalità….Attorno all’idea realizzata di un presepe psichiatrico, Schinaia ha organizzato un vero anti-manuale di psichiatria e insieme il racconto di una realtà clinica, di una forma mentis e di un sistema di vita: quello della psichiatria istituzionale, insieme allo sforzo di un suo oltrepassamento ideologico e pratico. L’ha scritto per ricordarci l’istituzionalizzazione della violenza in psichiatria e per denunciare ancora una volta, ma in una forma nuova, sia la possibilità che la scienza operi contro una follia inerme, sa le profonde ragioni per cui ciò è accaduto nella storia della medicina moderna e potrebbe sempre, magari in nuove forme, sempre accadere.
Prefazione di Fausto Petrella, già Presidente della Società Psicoanalitica Italiana