Capuani M.,Il dentro e il fuori. L’architetto madre.Ottagono, 270,pp. 34-35. Maggio 2014
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Questa recensione del bel libro di Cosimo Schinaia nasce dal dialogo e dall’incontro, avvenuto per la sua presentazione, tra me, l’architetto Alessandro Baldassari e l’autore stesso.E’ con affettuosa attenzione che ho letto il libro, condividendo con Schinaia sia la formazione psichiatrica-psicoanalitica sia la nascita in Puglia, e la passione per l’architettura, di cui da anni mi occupo. Il riferimento alla nascita dell’autore nella città di Taranto, città pugliese che fu capitale della Magna Grecia e che dal centro del golfo guarda a quella porzione di Mediterraneo che prende il nome di Mar Jonio, mi ha particolarmente colpito. Questo fatto, a suo dire, ha favorito la costruzione di una vita professionale posta al crocicchio di differenti specializzazioni e interessi. Schinaia ha una formazione psichiatrica, contaminata dalla psicoanalisi e viceversa. “La sensazione di essere sul confine - dice l’autore - se da un lato accresce un sentimento di libertà, con la possibilità di passaggi da un territorio all’altro, dall’altro mette in discussione il sentimento di identità, che spesso viene confuso con il bisogno di appartenenza”. Schinaia con questo libro, che cerca di indagare ed approfondire i possibili rapporti tra Architettura e Psicoanalisi, ci dà una brillante dimostrazione di come le possibili contaminazioni tra varie discipline, tra vari territori possano essere feconde. E’ l’architetto Renzo Piano, citato nel libro, che ci ricorda che l’architettura è un’arte di frontiera e che abitare la frontiera significa eludere i confini. “Io stesso - dice Piano - ho scelto di lavorare mescolando le discipline. Non mi interessano tanto le differenze tra arti e scienze, mi interessano le similitudini”.Allora Psicoanalisi e Architettura: più volte e in più occasioni ho sollecitato (convegni, cortometraggi di mia produzione) la necessità di un confronto tra queste due discipline. Schinaia dedica a questo aspetto un capitolo nella parte centrale del libro. Io aggiungerò soltanto che tale necessità, il perché di tale confronto, richiama quello che dico ai miei pazienti quando si accingono ad intraprendere una terapia analitica e chiedono “a cosa mi servirà? A stare meglio….”Scrive, infatti, Di Battista, architetto: “Noi architetti non dovremmo essere in cerca di suggestioni: vogliamo fare solo un mestiere che sia utile, che aiuti a vivere meglio, che serva a produrre manufatti per il corpo e per la mente”!Se l’architetto trasforma le sue emozioni in Forme, l’analista pratica le trasformazioni delle emozioni in Linguaggio. Il dentro e il fuori, titolo di questo libro, sembra ribadire che compito dell’architetto deve continuare ad essere quello di rappresentare, cioè di rendere esteriore qualcosa di interiore, connettendo l’interno con l’esterno.Può sembrare superfluo sottolineare come l’ambiente influisca notevolmente sul benessere fisico e psichico, e ci sono mille studi che lo provano. “Chi progetta spazi progetta comportamenti” dice l’architetto G. Gregotti.L’architettura è ancora sostanza di cose sperate, come suggeriva Persico? Sebbene molti dicano che attualmente l’architettura è più sostanza di speranze deluse, porre l’accento.( Marta Capuano)
Prefazione dell’Architetto Enrico Pinna